Quattordici
anni e un corpo ancora bambino. Nato e cresciuto in un quartiere difficile
della periferia milanese, Pulce ha già alle spalle un nutrito curriculum
delinquenziale. Il ragazzino è famoso:
un anno fa ha guidato una sommossa all’interno dell’Istituto Penitenziario
Minorile “C. Beccaria” di Milano. Ne hanno parlato tutti i giornali e le tv; lo
hanno definito il “Piccolo Vallanzaska”.
Per una settimana ha avuto il suo
momento di gloria, incrementando senza volerlo quel giustizialismo della
peggior specie di cui la coscienza collettiva spesso ha bisogno per non volere
ammettere le proprie inconsistenze educative.
L’ho incontrato in cella
rannicchiato nella sua paura dietro l’apparente atteggiamento arrogante e
aggressivo. Un reato, specialmente in età adolescenziale, è sempre un grido
d’aiuto.
Come Pulce, sono molti i ragazzi che ho incontrato in questi anni nel
carcere minorile: adolescenti in fuga che, come il figliol prodigo, partono
“per un paese lontano”, dove trovano rabbia, risentimento, ribellione,
solitudine; giovani in cerca di un “padre” che li riporti “a casa”.
Ragazzi
trasgressivi che, abbandonati a se stessi, sconfinano in comportamenti
antisociali e perdono il controllo della loro impulsività fino a diventare
pericolosamente violenti.
Ritengo sia per me una grande Grazia poter vivere
accanto alla sofferenza di questi adolescenti; è grazie all’ascolto delle loro
storie di vita, se oggi mi sento un uomo più riconciliato con i miei limiti, le
mie precarietà e i miei peccati e un prete un po’ più credente.
Non ho la
pretesa di convertire o conquistare alla fede alcuno.
Guardare negli occhi uno
qualsiasi dei ragazzi che incontro è, piuttosto, sapere leggere in profondità
quel desiderio, spesso inespresso, di bene; è farlo riemergere dalle ferite
della vita, è sostenerlo al di là del male che vuole sopprimerlo. La fragilità
ricrea l’uomo.
Pulce, come tutti gli adolescenti del Beccaria, ha paura di
essere sommerso dalle proprie fragilità, anche se la parola stessa “paura” non
appartiene al suo vocabolario. Teme di non essere adeguato, di essere sempre in
ritardo rispetto ad un mondo che ti chiede di agire in fretta, di superare te
stesso con prestazioni efficienti e veloci. Non è facile riconciliarsi con le
proprie ombre.
E’ la paura di essere invisibili che blocca molti ragazzi e che
crea in loro un profondo senso di ansia, una coscienza continua di fallimento
che porta alla paralisi e genera vissuti depressivi sempre più forti. Per
aiutare un adolescente a muovere i primi passi verso un cammino di conversione
e di crescita, è indispensabile, innanzitutto, condurlo a riconoscere dov’è.
Si
parte dalla cella per un percorso di consapevolezza che non è affatto scontato,
nella convinzione che la forma più alta e vera di conoscenza è proprio la
ri-conoscenza.
Non c’è espiazione che tenga se non avviene, prima, questo
recupero della coscienza. Molti ragazzi preferiscono dimenticare, piuttosto che
chiedere perdono; eppure, la dimenticanza non produce vera conversione, non
porta a un reale cambiamento.
Dopo
un anno di partecipazione alla catechesi domenicale organizzata e guidata dai
seminaristi Nicola e Giuseppe, Pulce Domenica verrà battezzato nella Cappella
del carcere minorile. Solo allora tornerà veramente ad abitare il proprio vero nome.
Una preghiera per Riccardo.
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