Sondrio Cronaca
Sabato, 16 marzo 2013 31
«Non esistono ragazzi cattivi» riempie il teatro
Sala gremita al don Vittorio Chiari di Sondrio per
l’incontro testimonianza messo in scena dai ragazzi
della Comunità Kayros di don Claudio Burgio
U omini, uomini “esperti in umanità”,
capaci di comprensione, di accoglienza, di sorriso, che sanno compatire,
indulgere, incoraggiare,
che sanno scommettere sulle rinascite,
senza scandalizzarsi per le miserie delle
creature umane. Uomini, uomini-sacerdoti
come don Claudio Burgio che sabato
scorso, 9 marzo, ha coinvolto la platea
gremita della sala don Vittorio Chiari di Sondrio nell’emozione della vita che
sempre esiste e continuamente nasce.
Sul
palco, i suoi ragazzi, i ragazzi di Kayros,
l’associazione da lui fondata nel 2000
insieme a «persone e famiglie sensibili
all’accoglienza di minori in difficoltà,
segnalati dal Tribunale per i Minorenni, dai
Servizi Sociali di riferimento e dalle forze
dell’Ordine», come si trova scritto sul loro
sito (www.kayros.it) e che oggi conta sei
comunità, per bambini, pre-adolescenti e
adolescenti, anche in area penale.
Titolo
dello spettacolo-incontro Non ci sono
ragazzi cattivi, realizzato anche grazie
all’aiuto di fra Stefano Luca, il figlio del
conosciuto ex professore della Scuola media
Ligari, Pippo Luca, che nel 2007 ha scelto la
via del convento. «Non è una spettacolo, ma
il risultato di un percorso sviluppato con i
ragazzi, non attori, ma persone che aprono
il loro cuore sul palco e ci consegnano il
coltello dalla parte del manico», ha esordito
fra Stefano.
Ai lati del palco, due simboliche
gabbie di legno e sbarre a ricordare la
drammatica esperienza del carcere che
alcuni di questi giovani ha vissuto, a
espiazione dei reati penali commessi.
Un’esplosione di emozioni cattive ha segnato l’esordio dello spettacolo, con
immagini sferzanti di violenza e di sangue,
quelle delle guerre che i Paesi che si dicono
civili si ostinano a combattere, quelle delle
torture che le Nazioni che si dicono giuste
ancora usano in nome della giustizia, ma
anche quelle, purtroppo, delle violenze
domestiche che, nella disperazione,
contrappongono gli uomini alle donne. è
l’inferno, quell’inferno che l’istinto umano
incarcerato dal Male alimenta su questa
nostra terra.
Eppure, com’è più facile accusare questi
ragazzi, che sulla loro pelle inconsapevole
scontano l’eredità del mondo adulto nel
quale sono cresciuti. Perché questi ragazzi,
dice don Claudio, altro non sono che i nostri
specchi. «Hanno la morte dentro l’anima»,
dice il sacerdote, «ragazzi a rischio, bulli,
devianti, “mostri di mamma”, come li
chiamano alcuni. Ragazzi che, abbandonati
a se stessi, deragliano e sconfinano in
comportamenti incredibili». Verso di loro
c’è un giustizialismo della peggior specie,
quando in realtà, canta don Claudio, che è anche cantautore, in una sua canzone, sono «bambini che cercano la mano che li proteggerà».
Nel corso della serata, sono state anche
proiettate alcune scene di Alla luce del sole,
il film di denuncia sociale che il regista
Roberto Faenza ha dedicato all’opera e
all’omicidio del sacerdote palermitano don Pino Puglisi, che il prossimo 25
maggio verrà beatificato. Come don Pino, anche don Claudio ha trovato la sua vocazione nell’accudimento dei
“ragazzi di strada”, che, dice, «ho avuto la
fortuna di poter incontrare e conoscere».
Per loro si è schierato in quella difficile
lotta alla violenza e al male che ha come
arma d’attacco la consapevole semplicità
dell’amore e come scudo di difesa la fede.
Fede che è fiducia in loro e nella vita che in loro – «angeli sul mio cammino» – può
volgere al bene.
Cappellano dell’Istituto penale minorile di Milano “Cesare Beccaria”, il sacerdote è
anche direttore della Cappella musicale del
Duomo di Milano. Il suo libro Non esistono
ragazzi cattivi. Esperienze educative di un
prete al Beccaria di Milano, edito dalle
Paoline, continua a raccogliere consensi tra
i lettori di ogni età.
«Non sono attori, ma
persone che aprono il
loro cuore sul palco» ha
spiegato fra Stefano Luca
di Milly Gualteroni
Sondrio. L’invito dei giovani dell’oratorio Sacro Cuore ai ragazzi della Comunità Kayros
Un incontro arricchente per i giovani della città
« N on esistono ragazzi catti-
vi»: questo è il motto di don
Claudio Burgio, responsa-
bile della comunità Kayros
di Milano. Uno slogan che alcuni giovani
della città di Sondrio tra i 19 e i 20 anni han-
no sperimentato nel fine settimana appena
trascorso. L’incontro è nato dal desiderio
dei ragazzi di Sondrio di scoprire e conosce-
re realtà di servizio anche al di fuori degli
oratori, dove trovare uomini e donne che
con la loro vita testimoniano l’amore di Dio
per l’umanità, come don Claudio Burgio,
gli educatori della comunità e fra Stefano
Luca. L’occasione si è presentata proprio
grazie all’attività teatrale che fra Stefano ha
proposto ai ragazzi della comunità Kayros.
Se il progetto iniziale era quello di visitare
la comunità a Milano, l’evolversi della si-
tuazione ha indicato una strada diversa: i
ragazzi della comunità avrebbero propo-
sto il loro spettacolo a Sondrio e i giovani sondriesi li avrebbero conosciuti in questa
occasione.
L’incontro è stata un’esperienza
forte ed arricchente dove è stato possibile osservare dinamiche che quasi sempre
sfuggono agli occhi di chi guarda il mondo sempre dallo stesso punto di vista con
paura e sospetto.
Spesso, infatti, si tende
ad associare a giovani usciti dal carcere, in
attesa di giudizio o immigrati l’etichetta di
“cattivi”, “pericolosi”, pregiudizio che mina
nelle fondamenta qualsiasi approccio e comunicazione. Invece sorprendente è stata
la relazione che si è creata tra i due gruppi.
Immediatamente, infatti, è stato possibile
instaurare un dialogo non soltanto di risa-
te e sorrisi ma anche profondo e pieno di
contenuti e sentimenti importanti per ogni
uomo. Le testimonianze di vita concreta, di
fatica, dolore, paura hanno saputo smuove-
re i pensieri e il cuore, rendendo chiara la
mancanza di cattiveria anche in ragazzi che
hanno avuto purtroppo o per fortuna un’esperienza di vita diversa dalla normalità.
Ascoltandoli evidente era la loro consapevolezza di aver sbagliato e palese come la
vita avesse loro insegnato molto. Rilevante
e commovente la frase di uno dei giovani
della comunità che riferendosi alla sua testimonianza durante lo spettacolo parlava
di un emozione lancinante, che “bruciava
nel cuore” prima di entrare sul palco, non
un’ansia da palcoscenico quanto la fatica di
raccontare il proprio dolore. Lo stesso ragazzo afferma di aver testimoniato in primo luogo per Don Claudio, per restituire,
in questo modo, tutto l’amore e il bene che
ogni giorno dona loro, in secondo luogo per
spiegare e sensibilizzare la società affinchè
sia sempre più aperta nei confronti di ragazzi che hanno avuto e avranno la sua stessa esperienza. Un gesto, dunque, che forse
parla proprio di un amore sconvolgente che
sa portare amore.
CHIARA IACUONE
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