sabato 30 marzo 2013

GRANDE SERATA a SONDRIO


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Sondrio Cronaca
Sabato, 16 marzo 2013 31
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«Non esistono ragazzi cattivi» riempie il teatro
Sala gremita al don Vittorio Chiari di Sondrio per l’incontro testimonianza messo in scena dai ragazzi della Comunità Kayros di don Claudio Burgio
U omini, uomini “esperti in umanità”, capaci di comprensione, di accoglienza, di sorriso, che sanno compatire,
indulgere, incoraggiare, che sanno scommettere sulle rinascite, senza scandalizzarsi per le miserie delle creature umane. Uomini, uomini-sacerdoti come don Claudio Burgio che sabato scorso, 9 marzo, ha coinvolto la platea gremita della sala don Vittorio Chiari di Sondrio nell’emozione della vita che sempre esiste e continuamente nasce. 
Sul palco, i suoi ragazzi, i ragazzi di Kayros, l’associazione da lui fondata nel 2000 insieme a «persone e famiglie sensibili all’accoglienza di minori in difficoltà, segnalati dal Tribunale per i Minorenni, dai Servizi Sociali di riferimento e dalle forze dell’Ordine», come si trova scritto sul loro sito (www.kayros.it) e che oggi conta sei comunità, per bambini, pre-adolescenti e adolescenti, anche in area penale. 
Titolo dello spettacolo-incontro Non ci sono ragazzi cattivi, realizzato anche grazie all’aiuto di fra Stefano Luca, il figlio del conosciuto ex professore della Scuola media Ligari, Pippo Luca, che nel 2007 ha scelto la via del convento. «Non è una spettacolo, ma il risultato di un percorso sviluppato con i ragazzi, non attori, ma persone che aprono il loro cuore sul palco e ci consegnano il coltello dalla parte del manico», ha esordito fra Stefano. 
Ai lati del palco, due simboliche gabbie di legno e sbarre a ricordare la drammatica esperienza del carcere che alcuni di questi giovani ha vissuto, a espiazione dei reati penali commessi. Un’esplosione di emozioni cattive ha segnato l’esordio dello spettacolo, con immagini sferzanti di violenza e di sangue, quelle delle guerre che i Paesi che si dicono civili si ostinano a combattere, quelle delle torture che le Nazioni che si dicono giuste ancora usano in nome della giustizia, ma anche quelle, purtroppo, delle violenze domestiche che, nella disperazione, contrappongono gli uomini alle donne. è l’inferno, quell’inferno che l’istinto umano incarcerato dal Male alimenta su questa nostra terra.
Eppure, com’è più facile accusare questi ragazzi, che sulla loro pelle inconsapevole scontano l’eredità del mondo adulto nel quale sono cresciuti. Perché questi ragazzi, dice don Claudio, altro non sono che i nostri specchi. «Hanno la morte dentro l’anima», dice il sacerdote, «ragazzi a rischio, bulli, devianti, “mostri di mamma”, come li chiamano alcuni. Ragazzi che, abbandonati a se stessi, deragliano e sconfinano in comportamenti incredibili». Verso di loro c’è un giustizialismo della peggior specie, quando in realtà, canta don Claudio, che è anche cantautore, in una sua canzone, sono «bambini che cercano la mano che li proteggerà».

Nel corso della serata, sono state anche proiettate alcune scene di Alla luce del sole, il film di denuncia sociale che il regista Roberto Faenza ha dedicato all’opera e all’omicidio del sacerdote palermitano don Pino Puglisi, che il prossimo 25 maggio verrà beatificato. Come don Pino, anche don Claudio ha trovato la sua vocazione nell’accudimento dei “ragazzi di strada”, che, dice, «ho avuto la fortuna di poter incontrare e conoscere». Per loro si è schierato in quella difficile lotta alla violenza e al male che ha come arma d’attacco la consapevole semplicità dell’amore e come scudo di difesa la fede. Fede che è fiducia in loro e nella vita che in loro – «angeli sul mio cammino» – può volgere al bene.

Cappellano dell’Istituto penale minorile di Milano “Cesare Beccaria”, il sacerdote è anche direttore della Cappella musicale del Duomo di Milano. Il suo libro Non esistono ragazzi cattivi. Esperienze educative di un prete al Beccaria di Milano, edito dalle Paoline, continua a raccogliere consensi tra i lettori di ogni età.


«Non sono attori, ma persone che aprono il loro cuore sul palco» ha spiegato fra Stefano Luca
di Milly Gualteroni

Sondrio. L’invito dei giovani dell’oratorio Sacro Cuore ai ragazzi della Comunità Kayros
Un incontro arricchente per i giovani della città
« N on esistono ragazzi catti- vi»: questo è il motto di don Claudio Burgio, responsa- bile della comunità Kayros di Milano. Uno slogan che alcuni giovani della città di Sondrio tra i 19 e i 20 anni han- no sperimentato nel fine settimana appena trascorso. L’incontro è nato dal desiderio dei ragazzi di Sondrio di scoprire e conosce- re realtà di servizio anche al di fuori degli oratori, dove trovare uomini e donne che con la loro vita testimoniano l’amore di Dio per l’umanità, come don Claudio Burgio, gli educatori della comunità e fra Stefano Luca. L’occasione si è presentata proprio grazie all’attività teatrale che fra Stefano ha proposto ai ragazzi della comunità Kayros. Se il progetto iniziale era quello di visitare la comunità a Milano, l’evolversi della si- tuazione ha indicato una strada diversa: i ragazzi della comunità avrebbero propo- sto il loro spettacolo a Sondrio e i giovani sondriesi li avrebbero conosciuti in questa occasione. 
L’incontro è stata un’esperienza forte ed arricchente dove è stato possibile osservare dinamiche che quasi sempre sfuggono agli occhi di chi guarda il mondo sempre dallo stesso punto di vista con paura e sospetto. 
Spesso, infatti, si tende ad associare a giovani usciti dal carcere, in attesa di giudizio o immigrati l’etichetta di “cattivi”, “pericolosi”, pregiudizio che mina nelle fondamenta qualsiasi approccio e comunicazione. Invece sorprendente è stata la relazione che si è creata tra i due gruppi. Immediatamente, infatti, è stato possibile instaurare un dialogo non soltanto di risa- te e sorrisi ma anche profondo e pieno di contenuti e sentimenti importanti per ogni uomo. Le testimonianze di vita concreta, di fatica, dolore, paura hanno saputo smuove- re i pensieri e il cuore, rendendo chiara la mancanza di cattiveria anche in ragazzi che hanno avuto purtroppo o per fortuna un’esperienza di vita diversa dalla normalità. 
Ascoltandoli evidente era la loro consapevolezza di aver sbagliato e palese come la vita avesse loro insegnato molto. Rilevante e commovente la frase di uno dei giovani della comunità che riferendosi alla sua testimonianza durante lo spettacolo parlava di un emozione lancinante, che “bruciava nel cuore” prima di entrare sul palco, non un’ansia da palcoscenico quanto la fatica di raccontare il proprio dolore. Lo stesso ragazzo afferma di aver testimoniato in primo luogo per Don Claudio, per restituire, in questo modo, tutto l’amore e il bene che ogni giorno dona loro, in secondo luogo per spiegare e sensibilizzare la società affinchè sia sempre più aperta nei confronti di ragazzi che hanno avuto e avranno la sua stessa esperienza. Un gesto, dunque, che forse parla proprio di un amore sconvolgente che sa portare amore.
CHIARA IACUONE

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