mercoledì 6 febbraio 2013

UNA PREGHIERA PER RICCARDO


Quattordici anni e un corpo ancora bambino. Nato e cresciuto in un quartiere difficile della periferia milanese, Pulce ha già alle spalle un nutrito curriculum delinquenziale.  Il ragazzino è famoso: un anno fa ha guidato una sommossa all’interno dell’Istituto Penitenziario Minorile “C. Beccaria” di Milano. Ne hanno parlato tutti i giornali e le tv; lo hanno definito il “Piccolo Vallanzaska”. 
Per una settimana ha avuto il suo momento di gloria, incrementando senza volerlo quel giustizialismo della peggior specie di cui la coscienza collettiva spesso ha bisogno per non volere ammettere le proprie inconsistenze educative. 

L’ho incontrato in cella rannicchiato nella sua paura dietro l’apparente atteggiamento arrogante e aggressivo. Un reato, specialmente in età adolescenziale, è sempre un grido d’aiuto. 
Come Pulce, sono molti i ragazzi che ho incontrato in questi anni nel carcere minorile: adolescenti in fuga che, come il figliol prodigo, partono “per un paese lontano”, dove trovano rabbia, risentimento, ribellione, solitudine; giovani in cerca di un “padre” che li riporti “a casa”. 
Ragazzi trasgressivi che, abbandonati a se stessi, sconfinano in comportamenti antisociali e perdono il controllo della loro impulsività fino a diventare pericolosamente violenti. 
Ritengo sia per me una grande Grazia poter vivere accanto alla sofferenza di questi adolescenti; è grazie all’ascolto delle loro storie di vita, se oggi mi sento un uomo più riconciliato con i miei limiti, le mie precarietà e i miei peccati e un prete un po’ più credente. 
Non ho la pretesa di convertire o conquistare alla fede alcuno. 
Guardare negli occhi uno qualsiasi dei ragazzi che incontro è, piuttosto, sapere leggere in profondità quel desiderio, spesso inespresso, di bene; è farlo riemergere dalle ferite della vita, è sostenerlo al di là del male che vuole sopprimerlo. La fragilità ricrea l’uomo. 
Pulce, come tutti gli adolescenti del Beccaria, ha paura di essere sommerso dalle proprie fragilità, anche se la parola stessa “paura” non appartiene al suo vocabolario. Teme di non essere adeguato, di essere sempre in ritardo rispetto ad un mondo che ti chiede di agire in fretta, di superare te stesso con prestazioni efficienti e veloci. Non è facile riconciliarsi con le proprie ombre. 
E’ la paura di essere invisibili che blocca molti ragazzi e che crea in loro un profondo senso di ansia, una coscienza continua di fallimento che porta alla paralisi e genera vissuti depressivi sempre più forti. Per aiutare un adolescente a muovere i primi passi verso un cammino di conversione e di crescita, è indispensabile, innanzitutto, condurlo a riconoscere dov’è. 
Si parte dalla cella per un percorso di consapevolezza che non è affatto scontato, nella convinzione che la forma più alta e vera di conoscenza è proprio la ri-conoscenza. 
Non c’è espiazione che tenga se non avviene, prima, questo recupero della coscienza. Molti ragazzi preferiscono dimenticare, piuttosto che chiedere perdono; eppure, la dimenticanza non produce vera conversione, non porta a un reale cambiamento.
Dopo un anno di partecipazione alla catechesi domenicale organizzata e guidata dai seminaristi Nicola e Giuseppe, Pulce Domenica verrà battezzato nella Cappella del carcere minorile. Solo allora tornerà veramente ad abitare il proprio vero nome. Una preghiera per Riccardo.



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